>> Una discussione sulla regia di Brook



Una riflessione su “Fragments”
lo spettacolo di Peter Brook

Partiamo da questa analisi critica di Renato Palazzi(riportata per intero a fine pagina):

“..... il fatto di mettere mano a una materia beckettiana meno canonica, meno investita di alte aspettative gli consente di accentuarne certi guizzi ironici: il pubblico ride, soprattutto sull'Act without words e sulle false vecchiette di Come and go, praticamente uno sketch. Ma proprio queste reazioni divertite inducono a qualche sospetto. Gli attori sono bravi, la messinscena è perfetta: ma non è che il regista, proponendo questo Beckett "in pillole", ne dà in fondo un'immagine edulcorata, sicuramente non impropria (l'autore irlandese prediligeva una recitazione spigliata), ma tutto sommato fin troppo leggera e gradevole?”

Due sono gli interrogativi che ci poniamo:

le pièces meno canoniche possono consentire a Brook di accentuarne certi guizzi ironici?

E’ giusto considerare in "in pillole" la proposta di alcune pièces di Beckett proposte “in modo fin troppo leggeor e gradevole?”

APRIAMO UNA DISCUSSIONE.....

----------------------------------------------------------------------------

Fragments (Come and go, Rough for Theatre I, Rockaby, Act Without Words II, Neither)


Uno spettacolo che Brook ha concepito in francese, per festeggiare a Parigi, seconda patria dello scrittore irlandese, il centenario della nascita di Samuel Beckett (1906-2006) e oggi riallestisce in inglese, in collaborazione con lo Young Vic Theatre di Londra.

(Tratto dalle note di accompagnamento dello spettacolo)

Note: Coproduzione Théâtre des Bouffes du Nord - Young Vic, London

Autore: Samuel Beckett

Regia: Peter Brook

Aiuto regia: Lilo Baur, Marie-Hélène Estienne

Artisti:

Jos Houben
Marcello Magni
Kathryn Hunter

Luci: Philippe Vialatte

Suono: Pierre Bénichou

La recensione di renato palazzi (http://www.delteatro.it/recensioni/2007-12/fragments.php) 13 dic.2007

Più che un mero florilegio di cinque brevi testi, Fragmentsdi Peter Brook sembra un compendio del mondo beckettiano: Rough for theatre I, benché scritto tre anni dopo, potrebbe essere un Aspettando Godot senza Aspettando Godot, un preludio, un antefatto: i due clochard al centro dell'azione, un cieco e uno storpio, si cercano e si respingono come Vladimiro ed Estragone, come loro parlano di suicidio, anche se il cieco dice di non essere abbastanza infelice da farlo (e che anzi proprio questa è la sua infelicità). La battuta «gli stessi gemiti, dalla culla alla tomba» parrebbe presa pari pari dal capolavoro precedente.
"Rockaby"
è una delle più emblematiche fra le pièce della maturità, quelle dell'estrema disarticolazione linguistica: una donna osserva la vita dal dondolo su cui morì la madre, ma la voce arriva da fuori di lei. Act without words II è una partitura di puri gesti: due uomini chiusi dentro a dei sacchi vengono svegliati da un enorme pungolo, e affrontano con opposti atteggiamenti il vuoto delle loro giornate. Neither, (l'esistenza si svolge fra due porte, se ti accosti si chiudono, se ti allontani si riaprono) è una sintesi dei suoi affannosi soliloqui femminili, Come and go è un buffo e straziante sguardo sul passato visto attraverso il declino della vecchiaia.
Perché Brook ha scelto di affrontare questi spezzoni al limite dell'inconsistenza? Perché la loro costruzione scarna ben si presta a una cifra registica che tende sempre più a eliminare il superfluo, a ridurre il teatro a un'essenzialità assoluta ed esemplare: sulla semplice pedana che accoglie la maggior parte delle sue creazioni, persino il dondolo è una comune sedia che solo per un attimo assume una breve oscillazione. Questo stile spoglio valorizza al massimo grado il singolo gesto, la singola parola. E proprio in quanto sottratti a un contesto drammaturgico compiuto, i loro significati si stagliano con una chiarezza ancora più definitiva.
Inoltre il fatto di mettere mano a una materia beckettiana meno canonica, meno investita di alte aspettative gli consente di accentuarne certi guizzi ironici: il pubblico ride, soprattutto sull'Act without words e sulle false vecchiette di Come and go, praticamente uno sketch. Ma proprio queste reazioni divertite inducono a qualche sospetto. Gli attori sono bravi, la messinscena è perfetta: ma non è che il regista, proponendo questo Beckett "in pillole", ne dà in fondo un'immagine edulcorata, sicuramente non impropria (l'autore irlandese prediligeva una recitazione spigliata), ma tutto sommato fin troppo leggera e gradevole?

di renato palazzi

(18:41 - 13 dic 2007)